Ringrazio sentitamente il Sig. Sindaco di Mortegliano, mio paese natio, e con lui, incominciando da Mons. Arciprete, i Sigg. Membri della Fondazione che porta il mio nome, per quello che hanno fatto sinora. Di fronte a quest’opera la cui sede, per gentile concessione dell’Amministrazione comunale, sarà nella Villa di Varmo, penso con commozione alle mie radici ed alla mia fanciullezza allorché andavo a trovare mio papà che, coi suoi operai, lavorava un po’ dappertutto, anche qui nell’abitazione del conte e dei carabinieri. Egli si chiamava Augusto. Era un piccolo impresario edile che i morteglianesi d’una certa età rammentano ancora per la sua onestà e precisione. Suo padre (Tito Mede) aveva una sartoria rinomata nel circondario: a quei tempi mio nonno faceva venire le stoffe perfino da Milano.

Lucia, mia mamma, una casalinga di buon senso e molto religiosa, proveniva invece da una famiglia di agricoltori nella quale crebbero 12 figli. Lei mi fu sempre accanto nei primi 25 anni di sacerdozio, data che segnò la sua morte. I miei ex-parrocchiani di Udine, e dei paesi friulani dove i superiori mi destinarono, quando mi telefonano la ricordano ancora per la pazienza che aveva coi ragazzi e lo spirito di accoglienza con il quale intratteneva chiunque si recasse in canonica per conferire con me. Quel poco di bene che il Signore allora mi concesse di fare penso di doverlo in primo luogo alle sue preghiere, alla sua vita di sacrificio ed alla sua riservatezza nel non ingerirsi nelle cose della parrocchia.

Dopo quegli anni mi trovai a Roma in ore di terrorismo, pure come componente di Giurie in mezzo ai giornalisti che venivano “gambizzati” o uccisi. In seguito, nel contesto d’una profonda trasformazione sociale e di pensiero che si andava diffondendo, proposi ad ogni occasione di andare oltre la cultura del nihilismo e del relativismo etico e morale, cercai sempre più di scrivere nel cuore degli ascoltatori e dei miei lettori il libro della fede e della solidarietà, anche per farli uscire dal privato dei loro interessi e di offrire motivi di speranza a chi non ne aveva, spiegando che la felicità non dipende dal denaro e dalle esteriorità suggerite da una propaganda martellante, poiché sta nell’Amore. Al contrario, la violenza porta ad un vicolo cieco.

Benché i tempi, come si suol dire, siano cambiati, ritengo sottolineare l’importanza degli esempi dei genitori nella formazione dei propri figli che sono le risorse di domani. Anche questa è cultura, dal momento che si costruisce sulla roccia… e non sulla sabbia.

A questo punto sento il dovere di esprimere la mia gratitudine a tutte quelle comunità ed a quelle persone che in Italia e fuori, nonostante i miei limiti, mi hanno sempre sostenuto con la loro benevolenza e con il loro aiuto.

Mons. Vittorino Canciani
Roma, 5 agosto 2004