Il Prof. Carlo Sgorlon, celebre romanziere amato dal pubblico ch’ebbe svariati ed alti riconoscimenti letterari sia nazionali che internazionali, sotto il titolo “Da San Quirino di Udine a San Pietro in Vaticano: mezzo secolo di vita sacerdotale” su

“……. Ho rivisto Mons. Vittorino Canciani pochi giorni or sono nella Chiesa di San Cromazio di Udine, chiamato dai fedeli di quella parrocchia che voleva celebrare i suoi cinquant’anni di sacerdozio. E lui, canonico della Basilica Vaticana, prese l’aereo e venne quassù, tra la sua gente, per salutare i suoi antichi parrocchiani e rivivere uno spezzone particolare della sua giovinezza.
Io lo conobbi nella parrocchia di San Quirino a Udine nel ’48, un anno memorabile per lui, per me, per la collettività nazionale. Aveva da poco celebrato la sua prima messa ed era stato nominato cappellano di quel rione piuttosto borghese della città.
Era diventato prete un anno e mezzo prima di raggiungere l’età prescritta dai canoni e fu subito ben voluto da tutti. I suoi occhi dimostravano di conoscere le persone in profondità, nelle loro implicazioni più nascoste.
Era un predicatore molto avvincente, anzi brillante. Affrontava gli argomenti di fede e di etica senza lasciarsi suggestionare e senza risentire del loro carattere vertiginoso e quasi spaventante. Vi sono sacerdoti in cui sembra di scorgere sul volto una sorta di amore e tremore kierkegardiano per i misteri del credo cristiano. Non su quello di Vittorino Canciani.
In lui non c’era segno di tormento mistico di tipo nordico; il suo viso era ilare: esprimeva una letizia che manifestava il frutto di un sereno dominio di sé e della fede cristiana. Sembrava un sacerdote dotato di una sorta di mediterranea armonia che era anche lietezza di vivere e di svolgere la sua funzione. Ma nelle prediche affrontava anche temi spinosi che egli scioglieva con semplicità, anche se erano di quelli che spesso si annodano nell’anima dei fedeli e li molestano come un materasso gibboso tormenta una schiena delicata.

Ricordo che quando fu nominato parroco di Muzzana del Turgnano nel rivolgere il saluto ai fedeli che gremivano la chiesa di S. Quirino, la sua commozione fu incontenibile e quella dei parrocchiani fu dello stesso livello. Don Vittorino aveva molta presa sulla gente e sui giovani in particolare.
Dopo alcuni anni però egli riapparve al mio orizzonte ed a quello della mia famiglia che nel frattempo aveva mutato indirizzo e si era trasferita al Villaggio degli insegnanti, alla periferia di Udine.
Il programma della Curia, alla fine degli anni cinquanta, era di creare in quella zona una nuova parrocchia e di edificare una chiesa perché stava per nascere un altro quartiere chiamato “Villaggio del sole” che ora è parte integrante della città.
Far sorgere una nuova comunità cristiana e costruire una chiesa è un’impresa da far tremare le vene e le arterie di chiunque. Inoltre là ci voleva un parroco giovane e coraggioso: anzi forse un parroco d’assalto perché da quelle parti abitava della gente, per lo più appartenente al ceto operaio, politicamente attratta dalle sirene e dalle bandiere dei tempi di “Peppone e don Camillo”. Don Vittorino evitava gli scontri, però aveva tanto coraggio.
Il nuovo parroco ebbe difficoltà feroci da superare: gente che arrivava ogni settimana, poveri che bussavano alla sua porta, mucchi di cambiali da pagare, una roccaforte socialista da smantellare, una comunità da far nascere. Ritengo che quegli anni furono i più combattuti e i più ricchi di soddisfazione del nostro Monsignore: anni combattuti e vinti.
Ma quella non sarebbe stata la tappa definitiva di Vittorino Canciani perché fu chiamato a Roma a reggere una importante parrocchia. Si aveva l’impressione che in lui ci fosse una sfinge carica di destino che lo interessava alle novità e alle grandi città: aveva già viaggiato molto. C’era in lui una viva inquietudine un pò arcana, quella che spinge gli uomini di un certo tipo a diventare esperti del mondo ed a venire a contatto ed a misurarsi con problemi e culture d’ogni natura.
Così Vittorino Canciani affrontò la difficoltà di alcune scienze, di varie facoltà universitarie, di legislazioni e di sociologie diventando esperto di molte e formidabili questioni del complicatissimo mondo contemporaneo. Ora è consulente ricercato di vari Enti ed un esperto invitato a parlare anche nelle università e nei convegni di studio in vari continenti. Evangelicamente è un “pescatore di uomini”.

Non occorrerebbe scrivere che in Vaticano vive l’universalità della Chiesa.
Recentemente, dopo una cena tra amici, ho avuto l’occasione di girare con lui una sera in quel piccolo stato. Egli mi diede una rapida informazione di com’era distribuito il lavoro in quel luogo senza uguali e come nella roccaforte del cattolicesimo si vegliasse in contatto con tutto il mondo, dati i suoi 24 fusi orari.
Per tutto questo non mi sono meravigliato di aver sentito che a Roma è molto conosciuto e che la sua predicazione è tanto apprezzata…..”.